Le Neoplasie Endocrine Multiple (MEN)sono delle sindromi rare caratterizzate dalla presenza di iperplasie/neoplasie di numerose ghiandole endocrine e si distinguono in MEN di tipo 1 e MEN di tipo 2. Tali sindromi si presentano frequentemente in forma familiare a trasmissione autosomica dominante. In questo caso il rischio per un genitore affetto di trasmettere la patologia alla progenie è del 50%.

Le recenti acquisizioni nel settore della genetica molecolare hanno reso possibile per ambedue le patologie l’esecuzione di test genetici per l’individuazione del/i portatore/i del gene mutato. Sono altresì stati messi a punto protocolli diagnostici, sia strumentali che boichimici, che permettono un precoce riconoscimento delle patologie endocrine tipiche delle sindromi MEN. Inoltre la terapia medica e chirurgica per le singole endocrinopatie rende oggi possibile al paziente una sempre migliore qualità di vita.

Numerose sono le specialità mediche interessate a tali patologie ed il paziente si troverà a rivolgersi inizialmente non solo all’endocrinologo ma anche al gastroenterologo od anche al chirurgo. E’ peraltro importante che il sospetto diagnostico nasca nel medico di famiglia che potrà così indirizzare il paziente verso un iter diagnostico rapido ed efficace.

Questo opuscolo vuole servire da mezzo informativo non solo per il medico, ma anche per i pazienti che vogliano meglio conoscere le attuali prospettive in un settore specialistico della medicina in continua evoluzione.

Cosa è la Neoplasia Endocrina multipla di tipo 1?

La Neoplasia Endocrina multipla di tipo 1 (MEN) è una patologia sporadica, ma più frequentemente familiare, che interessa più ghiandole endocrine (le paratiroidi, il pancreas endocrino e l’ipofisi anteriore).

La trasmissione ereditaria è di tipo autosomico dominante e pertanto esiste il 50% di possibilità per un soggetto affetto di trasmettere il difetto genetico.

E’ anche indicata come adenomatosi endocrina multipla familiare o sindrome di Wermer.
La MEN 1 è un disordine piuttosto raro, con una prevalenza di circa 3-20/100.000 individui.

Colpisce ambedue i sessi equamente e non dimostra alcuna preferenza geografica, razziale od etnica.
Le ghiandole endocrine differiscono dagli altri organi nel corpo umano perché sono in grado di rilasciare in circolo gli ormoni. Gli ormoni sono sostanze chimiche estremamente potenti, che viaggiano nel torrente circolatorio, controllando e stimolando le funzioni di vari organi ed apparati.

Normalmente gli ormoni rilasciati dalle ghiandole endocrine circolano in concentrazioni utili alle necessità dell’organismo. Nella MEN 1 specifiche ghiandole endocrine, come le paratiroidi, tendono a divenire iperattive.

Inoltre, è comune per soggetti affetti da tale sindrome, avere più di una ghiandola endocrina iperfunzionante allo stesso tempo, con conseguenti complicanze che possono variare molto da un individuo ad un altro.

In che maniera sono affette le varie ghiandole endocrine in corso di MEN 1? Complicanze più frequenti della MEN 1

Paratiroidi

Le paratiroidi sono le ghiandole più frequentemente interessate in questa sindrome. Le ghiandole paratiroidee sono comunemente 4 e sono localizzate in prossimità della ghiandola tiroide. Le paratiroidi producono un ormone chiamato paratormone (PHT), che controlla la concentrazione di calcio nell’osso, nel sangue e nelle urine.
Nella MEN 1 le 4 ghiandole paratiroidee tendono ad essere iperattive, con conseguente iperparatiroidismo, caratterizzato da un eccesso di PTH che causa l’aumento del calcio nel sangue (ipercalcemia). Tale condizione può rimanere silente per molti anni prima di essere diagnosticata, anche casualmente, nel contesto di uno screening biochimico. L’ipercalcemia non riconosciuta può determinare un carico eccessivo di calcio a livello renale con un incremento dell’escrezione urinaria di tale ione e conseguente formazione di calcoli renali o di nefrocalcinosi.
Frequentemente chi eredita la suscettibilità per la MEN 1 svilupperà entro i 60 anni d’età l’iperparatiroidismo, cui si accompagnano sintomi quali facile stancabilità, astenia, dolori muscolari o ossei, stitichezza, difficoltà digestive, calcoli renali e/o diminuzione della massa ossea.
Talvolta è difficile decidere se l’iperparatiroidismo associato alla MEN 1 necessiti di un trattamento immediato, specialmente in un soggetto che non mostra sintomi. Il trattamento di scelta consiste in un intervento chirurgico che rimuova le 4 ghiandole paratiroidee e successivo impianto di frammenti di tessuto paratiroideo nell’avambraccio.
Qualora, l’impianto non dovesse attecchire, sarà possibile assumere quotidianamente una terapia sostitutiva a base di calcio e di vitamina D per prevenire la diminuzione del calcio nel sangue (ipocalcemia).

Pancreas endocrino

Il pancreas, oltre a rilasciare succhi digestivi nel tubo digerente, secerne anche sostanze ormonali nel torrente circolatorio. Un problema comune nella MEN 1 è rappresentato dalla tendenza del pancreas a sviluppare uno o più tumori delle cellule insulari che producono gastrina, i gastrinomi.
La gastrina è un ormone che circola normalmente nel sangue, determinando una produzione acida gastrica sufficiente per la digestione. Se esposto ad un eccesso di gastrina, lo stomaco rilascia, a sua volta, un eccesso di acido che porta alla formazione di ulcerazioni gastroduodenali multiple oltre a causare diarrea. Peraltro, i gastrinomi MEN 1 hanno preferenzialmente sede duodenale dove si sviluppano a livello della sottomucosa. Tra le persone affette da MEN 1 circa 1 su 3 presenta tumori gastrino-secernenti. La patologia associata a questi tumori è talora indicata come sindrome di Zollinger-Ellison.
Le ulcere causate dai gastrinomi sono più pericolose delle tipiche ulcere gastriche o duodenali essendo multiple e recidivanti. Se non trattate possono causare perforazioni dello stomaco e/o dell’intestino con conseguenze molto gravi. La terapia di prima scelta dei gastrinomi è quella farmacologica con potenti bloccanti della produzione acida gastrica che si sono dimostrati efficaci nel controllare la maggior parte dei casi di sindrome di Zollinger-Ellison.
Peraltro, il follow-up condotto su pazienti con gastrinomi-MEN 1 devono trattati farmacologicamente ha evidenziato nel tempo la tendenza alla trasformazione maligna di tali lesioni.
I gastrinomi associati alla MEN 1 devono, pertanto, essere localizzati per poter tentare una rimozione chirurgica radicale del/i gastrinoma/i senza conseguenze pericolose per la vita dei pazienti.
Avendo questi tumori nella MEN 1 una origine frequentemente duodenale attualmente a loro chirurgia prevede l’asportazione del duodeno e della testa pancreatica (duodeno-cefalopancreatectomia). Per tutti gli altri tumori pancreatici secernenti il trattamento di scelta è sempre quello chirurgico. I tumori pancreatici endocrini nella MEN 1 possono non produrre ormoni (non secernenti).

Alcuni degli ormoni prodotti dalle cellule del pancreas e i loro relativi effetti

Gastrina: aumenta l’acidità gastrica
Insulina: abbassa gli zuccheri nel sangue
Glucagone: aumenta gli zuccheri nel sangue
Peptide Intestinale Vasoattivo (VIP): stimola mote cellule del tratto digerente
Somatostatina: inibisce la secrezione di molte cellule endocrine
Polipeptide Pancreatico: non è nota una funzione specifica

La ghiandola ipofisaria

Lipofisi è una ghiandola situata all’interno della scatola cranica dietro la piramide nasale. Nonostante sia di piccole dimensioni produce ormoni che regolano importanti funzioni endocrine. La ghiandola ipofisaria diviene iperfunzionante in circa 1 persona su 6 affette da MEN 1.
Questa iperfunzione può essere solitamente dovuta a tumori molto piccoli e benigni della ghiandola, capaci di produrre eccesso di prolattina (microprolattinomi). Livelli elevati di prolattina possono interferire con la funzione ovarica e la fertilità nelle donne o con la libido e la fertilità negli uomini.
Se i prolattinomi sono di piccole dimensioni, microprolattinomi, esistono farmaci in grado di ridurre la produzione di prolattina e di limitare la crescita dl tumore. Qualora la risposta farmacologica non fosse soddisfacente si potrà ricorrere alla terapia chirurgica, alla radioterapia o ad entrambe.

Gli ormoni ipofisari e i loro relativi effetti

Prolattina (PRL): controlla la produzione del latte materno ed influenza la funzione delle ghiandole sessuali.
Ormone della crescita (GH):regola la crescita corporea, specialmente durante l’adolescenza.
Adenocorticotropina (ACTH): stimola le ghiandole surrenali a produrre cortisolo
Tireotropina (TSH): stimola la ghiandola tiroidea a produrre gli ormoni tiroidei.
Ormone luteinizzante (LH): stimola le ovaie e i testicoli a produrre gli ormoni sessuali che determinano le caratteristiche di “femminilità” o “mascolinità”
Ormone follicolo stimolante (FSH): regola la fertilità nell’uomo mediante la produzione dello sperma e nella donna mediante l’ovulazione.

Complicanze più rare nella MEN 1

Occasionalmente un soggetto affetto da MEN 1 sviluppa tumori del pancreas che, oltre la gastrina, producono alti livelli di altri ormoni pancreatici.
Gli insulinomi, per esempio, producono quantità eccessive di insulina, ormone che causa ipoglicemia. I tumori che secernono quantità eccessiva di glucagone o somatostatina possono determinare la comparsa di diabete, mentre un eccesso di peptide intestinale vasoattivo può causare diarrea acquosa.
Altre complicanze meno frequenti sono riconoscibili nei tumori ipofisari che rilasciano eccessive quantità di adrenocorticotropina, che a sua volta stimola le ghiandole surrenali a produrre glicocorticoidi in eccesso. I tumori ipofisari che secernono ormone della crescita causano, in funzione dell’età di insorgenza, un eccessivo allungamento delle ossa lunghe con gigantismo (bambino) o deformità ossee con acromegalia (adulto).
Un’altra complicanza rara è rappresentata dalla presenza di un tumore endocrino che produce serotonina all’interno del torace, noto anche come carcinoide.
Infine, nella MEN 1 possono essere presenti tumori delle cellule adipose, localizzati a livello cutaneo e/o viscerale. In generale la chirurgia è il trattamento di scelta per tutte queste situazioni tumorali.

Cosa causa la MEN 1?

Nel 1997 è stato identificato il gene mutato nella MEN 1. Questo gene che è situato nel braccio lungo il cromosoma 11, codifica per una proteina, nota come menin.
Mutazioni del gene causano la produzione di una proteina menin alterata e questo processo è alla base delle alterazioni della proliferazione dei tessuti endocrini e non endocrini nella MEN 1.

Come si presenta la MEN 1?

Di solito l’iperparatiroidismo è la prima endocrinopatia a manifestarsi clinicamente nei pazienti MEN 1. Ma questa non è la regola. Esiste infatti la possibilità che un paziente si presenti con una storia di ulcere gastro-duodenali multiple e recidivanti oppure con una sindrome ipoglicemica. Nella donna l’amenorrea da iperprolattinemia può rappresentare il primo segno di MEN 1.

I tumori associati alla MEN 1 sono delle neoplasie maligne?

L’iperfunzione ghiandolare endocrina associata alla MEN 1 è generalmente determinata da neoplasie benigne senza segni di ripetizione a distanza (cancro).
I tumori benigni possono, peraltro, esercitare funzioni meccaniche di compressione su strutture viciniori, ma si espandono, né infiltrano i tessuti circostanti. Un esempio di tumore benigno che, se non curato, può crescere molto in pazienti affetti da MEM 1 è rappresentato dal tumore ipofisario chiamato prolattinoma. Crescendo il tumore comprime i tessuti circostanti danneggiando il resto del tessuto ipofisario sano e/o i nervi ottici.
Talora alterazioni della vista sono il primo segno di compromissione da tumore ipofisario in corso di MEN 1. I tumori endocrini pancreatici associati alla MEN 1 tendono ad essere benigni. Occasionalmente, tuttavia, possono dar luogo a processi di metastatizzazione.
In maniera simile si comporta il carcinoide, dal momento che il tipo di tumore pancreatico associato alla MEN 1 è molto lento nella progressione, ne può essere difficile il riconoscimento precoce, soprattutto nei casi in cui il tumore è non secernente.
I medici hanno differenti punti di vista riguardo al valore della chirurgia nella terapia di questi tumori. Un approccio è “guardare ed aspettare”, utilizzando trattamenti medici o, comunque, non chirurgici, anche perché per la sua invasività la chirurgia pancreatica è oggetto di molte discussioni. Un’altra scuola consiglia una chirurgia precoce per cercare di rimuovere la progressione dei tumori pancreatici prima che metastatizzano, secondo questo punto di vista, la chirurgia dovrebbe essere considerata ad uno stadio precoce, anche se non esiste ancora una chiara evidenza del fatto che una chirurgia aggressiva, atta a prevenire la crescita e metastatizzazione dei tumori del pancreas, porti ad una sopravvivenza maggiore dei pazienti.
I medici sono comunque d’accordo sul fatto che un eccessivo rilascio di certi ormoni (come la gastrina) da parte dei tumori del pancreas in corso di MEN 1 debba essere trattato farmacologicamente con molecole efficaci nel bloccare gli effetti di questi ormoni.
ll ruolo della chirurgia pancreatica necessita di essere considerato con molta attenzione in ogni singolo caso. Ad esempio alcuni tumori quali quelli che producono insulina, sono solitamente benigni ed unici, quindi facilmente curabili con la terapia chirurgica mentre in alcune famiglie caratterizzate da una maggiore aggressività dei tumori pancreatici la terapia chirurgica potrebbe diventare trattamento di scelta primaria.

La MEN 1 può essere curata?

Non esiste “la cura” della MEN 1, ma la maggior parte dei problemi che caratterizzano tale disordine possono essere riconosciuti ad uno stadio precoce e controllati o trattati prima che diventino gravi complicanze. In caso di diagnosi di MEN 1 è importante sottoporsi a periodici controlli perché MEN 1 può colpire organi diversi in maniera imprevedibile e anche dopo il trattamento chirurgico possono presentarsi delle recidive.
Una sorveglianza scrupolosa permette di aggiustare la terapia alle necessità e di cercare eventuali disturbi causati dalla MEN 1.

La MEN 1 è uguale per tutti?

Sebbene la MEN 1 tenda a seguire certi schemi, come descritto in precedenza, esiste una considerevole variabilità nel modo con cui tale sindrome può compromettere il benessere dei pazienti. Non soltanto le caratteristiche di questa sindrome variano tra i membri della stessa famiglia, ma alcune famiglie tendono a manifestare con frequenza maggiore un certo tipo di tumore.
In aggiunta, l’età alla quale la sindrome può iniziare a causare iperfunzione delle ghiandole endocrine varia da un membro familiare ad un altro. Un soggetto può avere soltanto una forma lieve di iperparatiroidismo insorgente all’età di 50 anni, mentre un altro può sviluppare complicanze dovute a neoplasie delle paratiroidi, del pancreas e dell’ipofisi entro i 20 anni d’età.

Come si diagnostica la MEN 1?

Insieme ai test biochimici e clinici usuali è oggi a disposizione in Centri specializzati un test genetico che identifica il portatore del difetto all’interno delle famiglie affette. Tale test offre la possibilità di scoprire se un individuo ha ereditato il gene alterato. La diagnostica genetica prevede l’analisi mutazionale che ha il 100% di accuratezza, oppure, nel caso la mutazione non venga identificata si potrà effettuare l’analisi di linkage nella famiglia con una accuratezza del 99.5%.
E’ necessario effettuare due prelievi separati di sangue per evitare errori di campionamento. Una volta identificato il portatore del difetto genetico, questo potrà essere seguito con test biochimici periodici presso Centri qualificati, mentre i non portatori verranno esclusi da inutili controlli clinici. qualora l’analisi mutazionale o lo studio di linkage non fossero possibili, si potrà effettuare uno screening biochimico periodico nei familiari dei pazienti affetti.

Perché effettuare un test genetico nella MEN 1?

La MEN 1 non è una malattia infettiva o contagiosa e neppure causata da fattori ambientali. La MEN 1 è un disordine genetico che deve essere ereditato da un genitore e solo eccezionalmente apparire in forma sporadica. I membri della famiglia ad lato rischio per la malattia possono essere facilmente identificati tramite un’indagine genetica.
Soltanto i portatori del difetto genetico verranno sottoposti ad esami ematochimici e strumentali che permettano di rilevare anomalie endocrine molti anni prima che le complicanze si manifestino. L’individuazione di anomalie ormonali permetterà al curante di iniziare precocemente un trattamento preventivo riducendo la possibilità che la MEN 1 causi problemi successivamente.

Chi dovrebbe essere valutato come potenziale portatore del difetto genetico?

Ciascun di noi possiede milioni di geni che determinano il normale funzionamento degli organi. Nei soggetti affetti da MEN 1 esiste un errore in un gene. Un portatore è una persona che il gene MEN 1 mutato.
Sebbene il gene mutato sia presente prima della nascita, il difetto tende a manifestarsi a varie età ed in organi diversi. Un portatore asintomatico ha questo gene, ma non ha ancora manifestato alcuna anomalia ormonale causata dal gene.
Il gene viene trasmesso direttamente al figlio (o figlia) da un genitore affetto e le possibilità che ogni figlio di un portatore MEN 1 ha di ereditare il gene mutato sono pari al 50%. I soggetti che dovrebbero essere valutati come potenziali portatori del gene MEN 1 sono parenti di primo grado (genitori,, fratelli, sorelle e figli) di soggetti affetti, perché questi familiari hanno il 50% di rischio di avere già ereditato il gene MEN 1.

Quando e quanto frequentemente lo screening dovrebbe essere effettuato nel portatore del difetto genetico?

Molto spesso, il primo segno di MEN 1 è l’iperparatiroidismo che solitamente viene diagnosticato con gli esami ematici ad un’età compresa fra i 20 ed i 50 anni.
Controlli periodici dovrebbero essere intrapresi intorno ai 15 anni e ripetuti annualmente. Non esiste un’età alla quale questi controlli periodici dovrebbero essere interrotti.

Un soggetto affetto da MEN 1 dovrebbe evitare di avere figli?

Se un paziente con MEN 1 ha problemi nel decidere se avere o meno un figlio, una consulenza genetica appropriata potrà aiutarlo a comprendere le conseguenze della malattia ed anche a conoscere i mezzi diagnostici e terapeutici oggi a disposizione.
E’ pertanto importante considerare come: un uomo o una donna affetti da MEN 1 abbiano il 50% di rischio per ciascuna gravidanza di avere un figlio con MEN 1.
Al presente esistono mezzi per diagnosticare la presenza del difetto genetico prima della nascita e nel neonato.
La gravità della patologia MEN 1 varia enormemente da un membro all’altro della famiglia. Un’esperienza di un genitore con la MEN 1 non può essere usata per predire la gravità della sindrome in un figlio!
La MEN 1 è un disordine che non si sviluppa, di solito, prima dell’adolescenza.
Il trattamento può richiedere un regolare monitoraggio con spese considerevoli, ma la patologia solitamente non impedisce una vita attiva e produttiva.

Cosa è la Neoplasia Endocrina Multipla di tipo 2?

La Neoplasia Endocrina Multipla di tipo 2 (MEN 2) è un disordine ereditario che induce la formazione di neoplasie in alcune ghiandole endocrine, la tiroide, le ghiandole surrenali e le paratiroidi, con carcinoma midollare della tiroide (CMT), feocromocitomi (FEO) e adenomi delle paratiroidi. Questa malattia genetica è abbastanza rara e si presenta con una prevalenza di 1-0 persone ogni 100.000, con un rapporto maschio/femmina di circa 1:1.
La trasmissione ereditaria è di tipo autosomico dominante e pertanto, per un soggetto affetto, esiste il 50% di possibilità di trasmettere ai propri figli il difetto genetico. Le alterazioni patologiche di una ghiandola endocrina possono portare fondamentalmente a 2 diversi tipi di manifestazione clinica: sindromi legate alla presenza della massa tumorale di per sé, sindromi da eccesso di produzione ormonale.
Spesso questi disturbi sono fra loro combinati (massa tumorale di una ghiandola endocrina con iperincrezione ormonale). Nella MEN 2 la presenza di iperfunzione contemporanea di più ghiandole endocrine può rendere complicata (ma tipica) la sindrome clinica risultante.
La malattia comunque non colpisce altre parti del corpo oltre le 3 ghiandole descritte e un individuo affetto da questo disordine genetico è normale da ogni altro punto di vista.

Classificazione dei fenotipi MEN 2

MEN2A: famiglie con CMT, FEO e/o iperparatiroidismo
MEN2A (1): famiglie con CMT, FEO e/o iperparatiroidismo
MEN2A (2): famiglie con CMT, FEO in almeno 1 individuo ma evidenze cliniche per l’assenza di FEO in tutti gli affetti e gli individui a rischio
MEN2A (3): famiglie con CMT, FEO in almeno 1 individuo ma evidenze cliniche per l’assenza di FEO in tutti gli affetti e gli individui a rischio
MEN2B: famiglie con CMT, FEO con anomalie cliniche (habitus marfanoide, neuromi mucosi e altro), solitamente senza iperparatiroidismo.
FMTC: famiglie con almeno 4 affetti ed evidenze cliniche per l’assenza di FEO e ipertiroidismo in tutti i soggetti a rischio.

In che maniera sono coinvolte le diverse ghiandole endocrine in caso di MEN 2?

Tiroide

La tiroide è la ghiandola più frequentemente e più precocemente interessata in questa sindrome. La tiroide è composta da 2 lobi, che si avvolgono intorno alla trachea, al di sotto del pomo di Adamo. La tiroide secerne 2 diversi tipi di sostanze ormonali: gli ormoni tiroidei (T4, T3) che sono coinvolti nel metabolismo dell’individuo e la calcitonina (CT) che partecipa al metabolismo del calcio.
Da un punto di vista istologico, la ghiandola tiroide è composta da 2 diversi tipi di cellule: le cellule principali o follicolari (che sono deputate a sintetizzare la T3 e laT4) e le cellule parafollicolari, cellule C che secernono la CT. Entrambi questi 2 diversi tipi cellulari possono andare incontro a trasformazione tumorale, ma, nella MEN 2, sono coinvolte soltanto le cellule C.
La CT ha un importante ruolo di regolazione del calcio nei pesci. Nell’uomo invece non è ancora stato chiarito il suo ruolo fisiologico; ma anche quando è secreta in grandi quantità non si riscontrano alterazioni del metabolismo calcio-fosforico. l’unico ruolo che la CT ha nell’uomo è di potere essere utilizzata come “marker” tumorale quando si sviluppa un tumore midollare della tiroide, derivato dalle cellule C. Il CMT è un tumore tiroideo piuttosto raro (non più del 10% di tutte le neoplasie tiroidee differenziate) e può insorgere in modo sporadico (90%) o familiare (10%), come nella MEN 2.

Midollare surrenale

La ghiandola surrenale è composta da 2 diversi tipi di tessuto: la corteccia che produce gli ormoni steroidei e la parte midollare (più interna) che produce le catecolamine. la corteccia surrenalica non è mai coinvolta nella MEN 2 al contrario della midollare che nel 50% circa dei soggetti affetti dà origine a FEO.
Poiché le ghiandole surrenaliche sono 2, il soggetto geneticamente affetto può sviluppare FEO sia monolateralmente che bilateralmente. L’eccessiva produzione di catecolamine dal FEO induce una sindrome clinica caratterizzata da ipertensione, stabile o accessionale.

Paratiroidi

Le ghiandole paratiroidi sono situate, come dice il loro nome, in prossimità della ghiandola tiroide. Il loro numero è comunemente 4, ma può variare. Le paratiroidi secernono il paratormone (PTH) che è il principale regolatore del calcio circolante, modulando il riassorbimento del calcio dall’osso e dal tessuto renale.
Anche le paratiroidi, come le altre ghiandole prima descritte, possono andare incontro a una ipersecrezione ormonale, con conseguente aumento del calcio nel sangue (ipercalcemia) ed eccessiva disponibilità dello stesso nei tessuti periferici. L’ipercalcemia si manifesta con aspetti clinici diversi ( da forme inapparenti o frustre può arrivare a stati di coma ipercalcemico). Nel soggetto geneticamente affetto da MEN 2, le ghiandole paratiroidee possono ammalarsi (non frequentemente, solo nel 10-15% degli affetti), iniziando così a iperfunzionare e aumentando di volume (iperplasia diffusa).

Come si presenta la MEN 2?

A seconda dei diversi tessuti coinvolti, la MEN 2 è stata suddivisa in 3 principali sottogruppi: MEN 2A, MEN 2B e carcinoma midollare tiroideo familiare (FMTC).
La MEN 2A è caratterizzata dalla presenza di CMT (nel 95% dei casi), associato nel 50% circa dei casi a FEO e iperplasia delle paratiroidi nel 10-15% dei casi.
Nella MEN 2B, CMT e FEO si presentano con la stessa prevalenza di quella riportata per la MEN 2A, ma si manifestano insieme ad importanti e facilmente riconoscibili anomali del fenotipo del paziente (habitus marfanoide, ganglioneuromatosi del tratto intestinale, neuromi delle mucose).
In caso di FMCT, il CMT è l’unica patologia presente in tutti i pazienti affetti. In un piccolo numero di famiglie con MEN 2A, alcuni pazienti possono presentare l’associazione con la malattia di Hirschsprung (HSCR), una malformazione congenita caratterizzata da assenza dei plessi mucosi e mioenterici del tratto gastrointestinale, o con lichen amiloidotico cutaneo (LAC). La penetranza della MEN 2A è completa, anche se il grado di espressività varia da soggetto a soggetto e diversamente per le varie patologie.
Infatti, mentre i soggetti geneticamente affetti manifestano il CMT entro le prime 3 decadi di vita nel 95% dei casi, il FEO e l’iperparatiroidismo si possono manifestare con espressività variabile anche all’interno della stessa famiglia. Qualche volta il FEO può manifestarsi soltanto in alcuni familiari e non in altri, pur appartenenti alla stessa famiglia. In genere il fenotipo della MEN 2B si manifesta molto precocemente (fino dall’epoca infantile); con un decorso molto aggressivo:normalmente in questa forma non si riscontra l’iperparatiroidismo.
La presenza di HSCR o di LAC non pare modificare l’aggressività clinica della malattia. Una famiglia viene identificata come MEN 2A o MEN 2B quando almeno un individuo tra i collaterali affetti presenta le lesioni tipiche associate, mentre, si può parlare di FMTC solo quando in almeno 4 individui della famiglia sia presenta il CMT isolato.

Che cosa causa la MEN 2?

Negli ultimi anni è stato scoperto che specifiche mutazioni puntiformi del proto-oncogene c-RET, situato nella regione pericentrometica (q11.2) del cromosoma 10, sono responsabili di MEN 2 e FMTC. Queste mutazioni del proto-oncogene RET sono alla base della abnorme crescita delle cellule paratiroidee e, eventualmente, dello sviluppo del tumore, dopo una fase di iperplasia cellulare.

I tumori associati alla MEN 2 sono neoplasie maligne?

La formazione di un tumore è legata ad alterazioni del DNA cellulare. Queste variazioni possono essere ereditarie (forme familiari) o possono verificarsi spontaneamente (forme sporadiche). Come è stato precedentemente descritto per la MEN 1, i tumori maligni delle ghiandole endocrine sono quelli che, oltre all’eventuale sindrome da ipersecrezione ormonale, possono comprimere ed invadere i tessuti circostanti al tumore e produrre ripetizioni (metastasi) tumorali a distanza.
Si dicono benigni invece quei tumori che, pur determinando una sindrome da ipersecrezione ormonale, sono in grado di produrre solo affetti compressivi meccanici sui tessuti senza invasione tissutale né metastasi. Questo criterio non comprende l’importante dato che anche l’ipersecrezione ormonale può essere clinicamente maligna (cioè mortale) come nel caso del FEO, qualora non venga riconosciuta e curata adeguatamente.
L’iperparatiroidismo è in genere associato a tumori benigni delle paratiroidi curabili chirurgicamente. Le principali cause di morte nella MEN 2 sono il CMT e il FEO per due diverse condizioni. Nel caso del CMT l’evoluzione clinica è molto precoce e dopo una fase di iperplasia cellulare C diffusa intratiroidea / che si osserva già nei primissimi anni di vita del soggetto), si possono esprimere microfocolai di CMT intratiroidei, e, fatto ancora più grave, micrometastasi linfoghiandolari anche in bambini di soli 6 anni.
Le metastasi possono condurre a morte il paziente. Nel FEO, che generalmente è istologicamente benigno (96%), la patologia può ugualmente essere fatale per il paziente a causa della grave sindrome endocrina ipertensiva da ipersecrezione di catecolamine. Normalmente il FEO si esprime molto più tardivamente (seconda-terza decade di vita).

La MEN 2 può essere curata?

La miglior terapia dovrebbe essere quella genetica, cioè correggere la tara genetica che ciascun affetto dimostra. Al momento ciò non è possibile, anche se si possono prevedere importanti sviluppi futuri. Quindi si deve pensare a curare le singole alterazioni clinicamente riscontrate nei pazienti, al momento in cui si presentano.
In realtà questo concetto riguarda, oggi, praticamente solo i cosìddetti “casi indice”, cioè il primo individuo in cui, in quella famiglia, viene fatta la diagnosi clinica di MEN 2. Infatti con l’identificazione precoce dei soggetti portatori della mutazione del gene RET, resa possibile dei test genetici disponibili in laboratori specializzati, si può oggi attuare soprattutto un’opera clinica di “prevenzione” o di riconoscimento precocissimo di minimi indizi clinici e/o biochimici, in modo da prendere immediate decisioni terapeutiche.
E’ quindi importante che il soggetto con la tara genetica sia seguito , fino dalla più tenera età, con opportuni test clinici per individuare quella che viene definita la “conversione” verso ogni minima alterazione. Sia la prevenzione che la cura del CMT e l’asportazione dell’organo malato, con tiroidectomia totale, accompagnata da asportazione dei linfonodi pretracheali, da attuare il più precocemente possibile, per il riscontro, come detto prima, di ripetizioni a distanza anche in bambini in età prescolare. Da un punto di vista clinico, la tiroidectomia totale non è gravata da particolari complicanze, se attuata in Centri di alta specializzazione dopo aver escluso la presenza di FEO.
La tiroidectomia totale non comporta, per il paziente, problemi per la sua vita futura, essendo disponibile l’ormone tiroideo chimicamente puro, che, assunto con regolarità e nelle dosi adeguate, permette di mantenere il paziente in perfetto equilibrio metabolico. La carenza di CT non provoca nessuna alterazione nel metabolismo del calcio o dello scheletro. Anche in caso di gravidanza questa cura sostitutiva con ormone tiroideo non crea alcun problema né per la madre (che anzi deve prendere un dosaggio di ormoni tiroidei lievemente superiore a quello abituale),né per il nascituro. La cura chirurgica del FEO prevede l’asportazione in toto della ghiandola surrenale malata.
La correzione della carenza ormonale surrenalica è necessaria soltanto quando viene effettuata l’asportazione bilaterale delle due ghiandole malate e riguarda la carenza degli ormoni steroidei prodotti dalla corticale surrenale, mentre non si evidenzia una sindrome clinica da deficit di catecolamine. La surrenalectomia può essere fatta con taglio addominale (via chirurgica tradizionale) o per via laparoscopica (cioè con chirurgia mini-invasiva); sicuramente, questa seconda tecnica è da preferire per il paziente, che in pochissimi giorni di degenza (2-3) ha la possibilità di un completo recupero.
Tuttavia, in rare occasioni, esistono difficoltà che rendono necessaria la via chirurgica tradizionale. Un problema clinico che si incontra abitualmente è decidere sulla necessità di una mono o bisurrenalectomia. Alcuni clinici ritengono che, trattandosi di una malattia genetica, una volta fatta la diagnosi di FEO in una surrene, entrambe le ghiandole dovrebbero essere rimosse, perché é molto probabile, che in un tempo relativamente breve un FEO si sviluppi anche nell’altra ghiandola.
Oggi, tuttavia, la maggioranza dei clinici ritengono che si debba attendere che la seconda surrene sviluppi il tumore, prima di fare la surrenalectomia bilaterale, per migliorare la qualità di vita del paziente ed evitare un trattamento farmacologico sostitutivo che richiede un monitoraggio frequente, soprattutto nei casi di stress.

Come viene fatta oggi la diagnosi di MEN 2?

Oggi, insieme alla disponibilità dei test clinici usuali, si ha la possibilità di individuare un soggetto portatore di mutazione del gene RET con il 100% di accuratezza mediante un test genetico. Normalmente però il primo sospetto parte dal lato clinico in un paziente affetto da una malattia come CMT o FEO o iperparatiroidismo.
Nel caso della MEN 2B, il sospetto clinico dovrebbe essere posto già nella primissima infanzia per la presenza del tipico fenotipo. Nella MEN 2A e in FMCT il riscontro di CMT in più membri dello stesso gruppo familiare, e/o di iperplasia diffusa delle cellule C intratiroidee insieme a foci multipli di CMT in più membri dello stesso gruppo familiare, e/o di contemporanea presenza nello stesso paziente di CMT e FEO, e/o la presenza di CLA insiemea CMT orientano verso il sospetto di alterazione genetica.
Il sospetto diagnostico legittima lo studio nel paziente di mutazioni di RET: in oltre il 95% dei pazienti in presenza di una sindrome MEN 2 si rivela una mutazione puntiforme di RET, mentre nel restante 5% si deve passare a uno studio genetico molto più sofisticato (sequenziazione dell’intero gene). In questi rari pazienti e famiglie, ove non èpossibile individuare subito il problema genetico, si può effettuare un’analisi di linkage ed identificare i portatori del difetto oppure passare all’esecuzione di test clinici (test di pentagastrina per CMT e catecolamine urinarie per FEO) che permettono di individuare biochimicamente gli altri eventuali familari affetti.
Nel caso in cui la mutazione viene individuata si deve passare allo studio biochimico e clinico del soggetto, previa adeguata informazione del paziente. Per la diagnosi gentica è necessario efetuare un prelievo di un singolo campione di sangue (che comunque dovrebbe essere ripetuto in un secondo momento, per escludere la possibilità di errori legati al campionamento).
L’importanza dell’identificazione genetica dei soggetti portatori all’interno di una famiglia è sottolineata da 2 diversi fatti: prima di tutto i soggetti identificati come portatori saranno avviati alle necessarie procedure diagnostiche e terapeutiche senza ulteriori indugi e, viceversa, quelli dichiarati esenti dall’alterazione del RET,potranno essere esclusi da qualsiasi indagine clinica o procedura terapeutica.

Un paziente con MEN 2 può avere figli?

Il presupposto fondamentale è che questa delicata scelta deve spettare soltanto ed esclusivamente al paziente. Infatti, come è già stato detto, la MEN 2 è una malattia genetica, cioè legata ad informazioni specifiche (ed errate!) del gene che causa la malattia. I geni sono sostanze chimiche (DNA) situate all’interno della cellula, che inducono la cellula stessa a fare operazioni specifiche (sintesi di specifiche proteine, etc…).
I geni e le informazioni genetiche sono trasmessi dai genitori ai figli. Un bambino nato da un genitore con MEN 2 ha il 50% di probabilità di avere il gene alterato che produce la sindrome clinica. Sia i figli maschi che le femmine hanno la stessa probabilità. Il 95% dei figli portatori del gene alterato, in un qualsiasi momento della loro vita, ha la possibilità di sviluppare uno o più dei tumori che sono associati alla MEN 2.
Presupposto che nessuno può prendere tale decisione in vece dell’interessato, si possono soltanto elencare alcune realtà importanti che possono far riflettere ed essere di aiuto nel prendere una decisione:
– un uomo o una donna affetti da MEN 2A o FMCT si trovano ad ogni gravidanza di fronte ad un rischio del 50% di avere un figlio portatore;
– la MEN 2 è una sindrome che può manifestarsi nei bambini ma, se seguita in modo opportuno, non impedisce di avere una vita adulta attiva e produttiva;
– il test genetico prenatale è oggi possibile.

Per maggiori informazioni consultate il sito che tratta di questo argomento:

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Raccontiamo una storia vera…..di una donna affetta da questa patologia……

“UNA WONDER WOMAN PER COMBATTERE LA MEN”

Sembra la testimonianza di un miracolo vivente quella di Alessandra Londoni, quarantaduenne dal sorriso contagioso e accattivante, alle prese con una delle insidiose patologie rare e invalidanti del nostro secolo. Incredibile la sua resilienza alle difficoltà quotidiane, che affronta con coraggio e determinazione, ma soprattutto con quello spirito garibaldino e fiducioso nell’avvenire. Nonostante tutto. L’odissea di Alessandra inizia presto, con la prima adolescenza, quando, appena fanciulla in boccio, si ritrova con i problemi di una prolattina impazzita. Un incubo vestito da realtà che la scuote nel profondo, anche dinanzi alla diffidenza iniziale dei primi controlli medici che sospettano che prenda la pillola di nascosto dai genitori. E’ necessario però tenere sotto controllo “l’ormone”. E allora giù a botte di “Parlodel”. Due compresse al giorno e la prima incauta diagnosi che parlava di tumore all’ipofisi. Non è certo facile a 15 anni combattere con questo tipo di problemi. Poi sua sorella Claudia, sedici anni appena compiuti, si ritrova con gli stessi sintomi, con l’aggravante di un ciclo ballerino che le saltava anche per otto mesi consecutivi. E, naturalmente, la stessa stupida trafila di domande. Ma il dubbio su una patologia sconosciuta si è ormai insinuato ed occorre fare analisi più approfondite all’ospedale Molinette di Torino.

“Anche mio padre da tempo aveva problemi gravi a livello gastrico, tanto da aver perso un organo importante come lo stomaco”. Il test genetico, purtroppo, nel”88 conferma il sospetto di MEN di tipo 1 – neoplasie endocrine multiple, patologia che colpisce paratiroidi, pancreas, ipofisi”.- continua Alessandra.

Dopo tac, risonanze e continui controlli ormonali viene riscontrata un’iperfunzione delle paratiroidi e l’unica soluzione è di tipo chirurgica! Così nel ’90 il primo intervento che vede le due sorelle nella stessa sala operatoria. Soltanto un rapido saluto, prima d’entrare, esperienza che le avrebbe unite ancora di più.

“Un intervento avveniristico che mi impiantò in un braccio una di queste ghiandole incriminate. Sembravo una donna bionica! Era per sopravvivere, mi dicevo per rincuorarmi. A distanza di 10 anni si rende necessario un secondo intervento, sempre al collo, dove si era riformata una paratiroide iperfunzionante. Ma non è finita qui perché, dai controlli successivi veniva evidenziata una nuova recidiva, per cui Alessandra deve sottoporsi ad una terapia sperimentale che almeno per il momento le evita un terzo invasivo intervento.

“Per strada ormai mi davano i santini da pregare, ero alla frutta, e l’unica speranza sembrava soltanto quella di affidarmi al soprannaturale, a quella benedizione materna della Vergine di Lourdes a cui confidare tutti i miei crucci, tutte le mie pene, tutte le mie più segrete – mica troppo – speranze. E fu cosi che nel maggio 2009 partii in pellegrinaggio per la mitica terra di Bernadette, in attesa non so nemmeno io di che cosa. L’atmosfera magica, intrisa di spiritualità di quel luogo, mi colpì sin dal primo istante, fino a quel bagno nella vasca da cui, inaspettatamente, ero uscita praticamente asciutta. Nella grotta di Massabielle, a contatto con una umanità ferita, malata, alla deriva, non ho chiesto la guarigione, mi sembrava veramente troppo, ma solo la forza di poter sopportare il mio dramma quotidiano. Una sensazione di benessere percorse il mio corpo: mi sembrava di “svolazzare”. Ero serena, o almeno avevo trovato un senso alla mia sofferenza”.

Il racconto di Alessandra si sposta poi sull’incontro con Roberto, un diciottenne dolce e comprensivo che mai l’avrebbe abbandonata. Dopo il matrimonio, e ben 5 disgraziate gravidanze, ecco l’arrivo gioioso di Vanessa, luce dei suoi occhi, con altri due cuccioli d’uomo che la seguono: Simone e Francesca.

“Durante la gravidanza non mi era possibile sospendere i farmaci, per cui dovetti ricorrere all’allattamento artificiale: io che ne avevo anche troppo! – continua la testimonianza della Londoni – Nel ’99, finalmente, mi parlano dell’AIMEN, un’ associazione che si occupa delle MEN 1 e 2, nata nel 1998 a Collegno in provincia di Torino. Erano passati 12 lunghi anni in cui mi sono dibattuta, tormentata nei dubbi che cercavo di dissipare documentandomi o chiedendo lumi a chi non poteva darmi le risposte che aspettavo. Nel 2000 l’incontro con la professoressa Maria Luisa Brandi, un luminare del centro di riferimento MEN di Firenze che rende più chiara la nostra situazione prendendo in cura tutta la famiglia: io, mio padre, mia sorella, mia figlia e anche mia nipote. Quel maledetto difetto al cromosoma 11 aveva sconvolto la mia vita e quella di miei familiari! Ma almeno ora sapevo di che morte morire, anzi da cosa avrei dovuto difendermi, per non morire. Ma i presagi di sventura si facevano sempre più apocalittici fino a ripetuti interventi al pancreas, con l’asportazione anche della milza e di un ovaio. Avevo fatto le mie pulizie di primavera!” – dice tutto d’un fiato Alessandra con un amaro sorriso – ma a Dio non ho mai avuto voglia di dare tutto subito: meglio un pezzetto per volta!”. E il suo duro calvario da sopportare sembra inasprirsi con le “lesioni” a un polmone da eliminare con un nuovo intervento chirurgico nel 2009. Un’operazione devastante al Niguarda di Milano che le lascia “residui” pericolosi da asportare nuovamente, questa volta all’ospedale di Sondalo.

“Nessuna malasanità, secondo me, ma solo mala informazione, perché una patologia sconosciuta potrebbe indurre chiunque in false valutazioni – ripete Alessandra – per questo è importante rivolgersi a chi conosce la patologia e sa contro quale “bestia” deve lottare. Oggi mi ritrovo con nuovi problemi che mi condurranno all’asportazione del pancreas. Si vive anche così!. L’amara sorpresa, purtroppo, è che anche mia figlia Vanessa è affetta dalla stessa patologia. Una spada di Damocle sospesa sul capo, ma io ho voglia di star bene, con me stessa e con gli altri da “drogare” di sorriso. Non mi piace essere compatita. Se al mattino mi alzo col muso, come faccio ad affrontare una nuova giornata? Il mio impegno in associazione mi fa sentire utile agli altri e il mio telefono è sempre aperto (0342.216700) per dissipare il buio dei loro dubbi, le tempeste della loro esistenza martoriata, e conduco la mia battaglia quotidiana anche per loro, per me, per i miei figli”.

Stesso coraggio, stessa determinazione, nella sua dolce Vanessa che, con serenità olimpica, confida: “Sapere che lei c’è sempre per me, mi consola e mi da sicurezza nell’affrontare un’incognita nella mia vita, un’evenienza che so che presto o tardi scoppierà. Lei, però, ha affrontato il suo dramma da sola combattendo a lungo contro i mulini a vento, contro un muro invisibile, contro le incomprensioni e le difficoltà quotidiane. Io, invece, da quando sono nata già sapevo tutto, ma non mi sento condannata, soltanto troppo amata, né ho paura per quanto accadrà nella mia vita, perché, come dice mamma, i problemi vanno affrontati con coraggio e soprattutto con il sorriso sulle labbra”. E mamma Alessandra sorride. Ancora. Poi conclude: “Con la MEN non si vive, né si sopravvive. Si può imparare a convivere. E questa è la mia lotta quotidiana!”

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Fonte: www.gazzettadisondrio.it

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Un caro ringraziamento va ad Alessandra Londoni, Vice Presidente AIMEN 1 e 2.

AIMEN 1 e 2 – ONLUS

Associazione Italiana Neoplasie Endocrine Multiple di tipo 1 e 2

sede legale:

c.so Francia 220/a – 10093 Collegno – TO

sede operativa:

via Piave, 14 – 21040 Caronno Varesino – VA

tel. 0342/216700 cell. 347/4561588 – 348/7036730

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