Il Castello di San Giorgio in Mantova
Diverse ricostruzioni storiche attestano la difficoltà di Agnese di fare buon viso a cattivo gioco. La giovane, incapace di adattarsi alla vita di corte presso i Gonzaga, non aveva un rapporto particolarmente felice con il marito. Inoltre, la mancanza di un erede maschio (ebbe una figlia, Alda, ma la salute cagionevole le impedì di portare a termine altre gravidanze) incrinò nel tempo questa relazione nata per interesse politico. In questo clima, Agnese sapeva comunque di essere al sicuro in quanto figlia di un uomo troppo potente perché le venisse torto un capello. O almeno così credeva, fino a che Bernabò cadde vittima di una congiura, ordita niente meno che dal nipote Gian Galeazzo, che prese il potere su Milano. Gli equilibri politici mutarono in un batte d’occhio: mentre Agnese e suo fratello Carlo cercavano il modo di vendicarsi dell’usurpatore e riprendere ciò che era stato estorto al padre, il marito Francesco decise di appoggiare Gian Galeazzo. Ecco che la donna, da quel momento in poi, divenne un serio pericolo per il nuovo assetto politico. Ma non poteva essere semplicemente ‘fatta fuori’.
La trappola
Si decise dunque di creare il contesto perfetto per mettere fuori gioco la donna. Francesco I (probabilmente istigato dal nuovo signore di Milano) decide di tessere una trama perfetta nella quale irretire la moglie. Egli cambiò le guardie personali della consorte, rimpiazzandole con un nuovo cavaliere, tale Antonio da Scandiano. Dopo un certo tempo, accusò i due di avere una relazione. È assai probabile che Agnese e Antonio fossero realmente innamorati, ma il processo per adulterio che subirono fu una grande farsa, una commedia con tanto di testimoni a comando e aneddoti inventati, ma i due sapevano di non poter uscire indenni dal tranello in cui erano caduti. Francesco decise di far giustiziare Antonio tramite impiccagione – il cavaliere, fra l’altro, aveva cercato di assumersi tutte le responsabilità dichiarando di aver costretto la donna con la forza, in modo che lei potesse salvarsi, o perlomeno essere condannata ‘solo’ alla vita monastica. Ma il giovane Gonzaga, che nel frattempo aveva portato oltre le sue mire politiche, non ebbe pietà e fece giustiziare anche la moglie tramite decapitazione.
Targa commemorativa. Foto Wikimedia Commons
La condanna fu eseguita in gran segreto, in uno dei cortili di Palazzo Ducale, e lì fu sepolta insieme al cavaliere, in terra non consacrata come ultimo sberleffo: una targa in Piazza Pallone (nell’immagine sopra) la commemora. Francesco non perse tempo a risposarsi, questa volta con una discendente dei Malatesta, signori di Rimini ovviamente partecipanti al grande gioco di trame, dinastie, regni, guerre che componeva il frammentato quadro politico rinascimentale.
Il Fantasma
Non c’è dunque da stupirsi se la narrazione popolare ha indicato come il fantasma di Agnese Visconti quella presenza che si dice aggirarsi tra le stanze e i cortili del Castello di San Giorgio, quell’ombra inquieta che si lamenta, quella strana luce che si muove da sola di notte, fa capolino e poi scompare terrorizzando chi ha la sventura di avvistarla. La sua anima non ha avuto giustizia, né pace, né una degna sepoltura, e la sua storia non poteva che suggestionare la fantasia popolare di allora e di oggi.
Pertanto a causa di un sospetto adulterio di Agnese con il Cavaliere Antonio di Scandiano,
il processo farsa si concluse con la condanna a morte di entrambi: il cavaliere venne impiccato mentre Agnese venne decapitata nel 1391.
Si vocifera che ancora oggi il suo fantasma non si dia pace ed appaia nel castello nella disperazione di questa tremenda ingiustizia.
Fonte: www.turismo.it