Tra tutti i simboli presenti nei vari locali dell’Abbazia di Valvisciolo, è senza dubbio il Sator quello più rilevante. Si trova graffito in minuscole dimensioni (sui resti dell’antico intonaco) sul lato occidentale del chiostro, subito sulla destra per chi entra dal corridoio d’ingresso accanto alla chiesa.
Il Sator di Valvisciolo costituisce un esemplare unico al mondo, giacché in esso al crittogramma è unita la simbologia delle linee concentriche (curve o rette), propria dei misteriosi “reticoli celtici”. Una particolarità, questa, che dunque parrebbe idealmente attestare il legame tra la triplice cinta e il Sator.
Le lettere iniziali delle parole che formano il testo del celebre “quadrato magico”, «SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS», qui sono infatti inserite in un cerchio suddiviso da cinque anelli concentrici e da una sorta di stella a cinque punte, che a sua volta delimita un settore per ogni parola. Attorno all’iscrizione, sono inoltre visibili enigmatiche scritte in antichi caratteri onciali ed altri accenni di segni simili (un cerchio più piccolo). E’ interessante infine notare come sulla stessa parete ove è graffito il Sator siano presenti (qualche metro sulla sinistra e sempre su tracce d’intonaco) numerosi esempi di “Nodo di Salomone” (metafora del cammino esoterico verso la conoscenza di sé e verso la Verità) e persino un Centro Sacro (o Omphalos) in una variante “complessa” ed “insolita” (al posto del quadrato si vede un rettangolo con sviluppo verticale, formato da venti piccoli quadrati semplici e con rette oblique interne tracciate in maniera piuttosto irregolare).
L’Omphalos, ritenuto affine alla triplice cinta ma più raro, rappresenta la metafora dei valori di “giustizia” e di “equilibrio”, che, nell’ambito della dottrina misteriosofica templare, costituivano acquisizioni fondamentali lungo il cammino di auto-perfezionamento e di conoscenza di sé.
L’Abbazia di Valvisciolo conserva dunque un vero e proprio “campionario” di quella simbologia sacra che è comunemente ricondotta all’Ordine del Tempio. Tuttavia, la qualità spesso abbastanza approssimativa della maggior parte dei simboli rilevabili, la loro evidente non-monumentalità (e cioè il fatto che tali segni non siano elementi “progettati” nel contesto dell’Abbazia, fatta eccezione ovviamente per la “Stella Polare” e i “Nodi di Salomone” della Sala Capitolare), e anzi la sensazione che siano stati tracciati quasi di nascosto (lo testimoniano quelli incompleti), fanno pensare o ad un messaggio metaforico (oggi andato perduto), diffuso nella devozione di pellegrini in una situazione di analfabetismo generalizzato, oppure ancora, e più plausibilmente, ad una sorta di “codice segreto” (Anna Giacomini) pertinente alla volontà di alcuni visitatori di lasciare la traccia di un sapere riservato a pochi “eletti”.
Qualunque sia la verità, non si può tuttavia attribuire con certezza il Sator e gli altri simboli di Valvisciolo al periodo di frequentazione templare di questi luoghi, vale a dire, approssimativamente, tra il XII e il XIII secolo: la loro paternità rimane tutt’oggi sconosciuta.