[sec. XIX; dal greco hypógeios, tramite il latino tardo hypogēus].

L'Ipogeo dei Volumni. Tomba ipogea etrusca. Si trova a sud est di Perugia, in località Ponte San Giovanni.

L’Ipogeo dei Volumni.
Tomba ipogea etrusca.
Si trova a sud est di Perugia, in località Ponte San Giovanni.

In architettura, locale, vano sotterraneo, scavato nella roccia o in muratura, adibito a sepoltura, a luogo di culto o, presso i popoli primitivi, ad abitazione. § Gli ipogei adibiti a sepoltura, costituti da uno o più ambienti, spesso decorati con pitture e stucchi, erano diffusi nell’antico Egitto e in Anatolia; ignorati dalla Grecia arcaica e classica, ebbero nuovamente vasta diffusione a iniziare dall’età ellenistica. Nell’Italia meridionale si hanno ipogei di tipo ellenistico in Puglia (Taranto, Ruvo, Canosa) nonché in centri punici della Sicilia (Lilibeo) e della Sardegna (Sant’Antioco). In Etruria e a Roma si diffusero, fra il sec. III e il I a. C., le grandi tombe ipogee di carattere gentilizio (“Tomba dei rilievi” a Cerveteri, ipogeo dei Volumni a Perugia, sepolcro degli Scipioni sulla via Appia). Numerosi gli ipogei di età imperiale (dei Servili, di Vibia, dei Flavi sulla via Appia); a partire dal sec. III d. C., frequenti quelli con decorazione di soggetto cristiano (ipogeo degli Aureli, ipogei della via Latina). Un particolare tipo di ipogeo è costituito dalle catacombe cristiane. Un esempio di ipogeo usato come santuario è quello di età romana presso Porta Maggiore a Roma, con stucchi e pitture che alludono a riti misterici.

IPOGEI DAUNO-ELLENISTICI

L’ipogeo (o tomba a camera) è una tipologia curata, ricca e monumentale di tomba di sicura derivazione ellenica. Può essere interamente costruito in blocchi, oppure scavato nella parte inferiore e costruito in quella superiore, o interamente cavato nella roccia (come avviene a Canosa in presenza di potenti strati tufacei). La pianta della tomba a camera è regolare e squadrata e può consistere in un solo ambiente o in diversi, che sono disposti, generalmente, in posizione simmetrica rispetto all’asse formato da dròmos-camera, dando vita, attraverso ripetute aggiunte, a complesse piante cruciformi. Il dròmos costituisce l’accesso alla tomba, generalmente si tratta di un lungo e largo piano inclinato o di un’ampia scala terminante in un vestibolo esterno, da cui si apre l’ingresso (o gli ingressi) alla tomba, chiuso da possenti lastre monolitiche.  L’interno è caratterizzato da soffitto generalmente piano o a doppio spiovente o con volta a botte. Queste tombe sono contraddistinte anche dalla presenza di elementi decorativi di vario tipo: semicolonne o lesene sormontate da capitelli ionici o compositi, acroteri, cornici e listelli (come nelle cosiddette porte “doriche”), tutti in rilievo o a volte resi pittoricamente, soffitti a finte travature, false finestre e timpani. Raramente sono presenti scene figurate dipinte (ad es.: Ipogeo del Cerbero) o scolpite a rilievo (ad es.: Ipogeo dell’Oplita).
Questa tipologia funeraria si diffonde a Canosa e in Daunia in età ellenistica (IV-III sec. a.C.) ed è prerogativa delle famiglie appartenenti alla classe aristocratica.

Gli Ipogei della Daunia

Il vasto territorio racchiuso dal bacino del fiume Fortore e dal basso corso dell’Ofanto, incluso il promontorio del Gargano e l’area del melfese, sin dall’antichità viene denominato Daunia, dal nome della popolazione, i dauni, che nel I millennio a.C. caratterizzò culturalmente la parte settentrionale della Puglia.

Estendendo oltre i limiti del periodo di effettiva pertinenza la denominazione della civiltà che ha fortemente permeato di sè questa terra, andiamo a ritroso sino alla media età del bronzo (1700-1500 a.C.).

Tutto ciò per descrivere un fenomeno architettonico grandioso che interessò l’antica Daunia: un complesso di spettacolari ipogei scavati nella roccia calcarea per celebrarvi suggestivi riti legati ai misteri della vita e della morte e come sepolcri per i defunti. Ipogeo, infatti, è il termine che in architettura indica un vano sotterraneo, scavato nella roccia o in muratura, adibito a sepoltura o a luogo di culto, o presso i popoli primitivi ad abitazione. In Puglia l’uso di scavare piccole stutture sotterranee risale alla fine del neolitico (IV millennio a.C.), ma è soprattutto con la media età del bronzo che la pratica si diffuse ampiamente e fecero la loro apparizione i primi grandi ipogei.

Nell’ambito della Daunia meridionale è importante il grande “Ipogeo dei Bronzi”, rivenuto nel territorio di Trinitapoli (Fg). L’architettura di questo, come di altri ipogei, si fa più complessa: un corridoio di accesso a cielo aperto (dròmos) conduce ad una zona intermedia tra l’esterno e l’interno (una sorta di stòmion); proseguendo per un’altro corridoio con volta a botte ed immettendosi in un vestibolo, si accede così nel grande ambiente principale. Utilizzato dapprima come luogo di culto a servizio di un vasto territorio (XVIII sec.a.C), l’Ipogeo dei Bronzi viene inglobato in una seconda struttura prettamente funeraria tra XVII e XVI sec. a.C. Appartengono a questa fase i corredi funerari costituiti da armi, monili e gioielli in bronzo o dalle collane in ambra e pasta vitrea appartenute, quest’ultime, alla famosa “Signora delle Ambre”.

Non meno importanti sono gli ipogei di Canosa, uno dei maggiori e più ricchi centri dell’antica Daunia. Risalgono alla seconda metà del I millennio a.C. e costituiscono delle vere e proprie dimore per i defunti appartenenti alla classe aristocratica canosina (i Principes), che si ispira ai modelli ellenici ed in particolare macedoni. Interamente scavati nel banco di tufo e decorati con intonaci colorati, gli ipogei canosini sono caratterizzati da un ampio dròmos di accesso, da ingressi monumentali secondo gli ordini architettonici greci e da numerose camere, con il soffitto il più delle volte piatto con travi intagliate nel tufo, che si diramano dal dròmos dando vita ad una pianta a croce latina. Tra questi il complesso monumentale più importante della città e dell’intera regione è certamente quello degli “Ipogei Lagrasta”.

Ipogei Lagrasta Ipogeo II Sec. a.C.

Ipogei Lagrasta
Ipogeo II Sec. a.C.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per ciò che riguarda i reperti dei ricchissimi corredi, dispersi nei musei di tutto il mondo, sono famosi i vasi apuli a figure rosse dell'”Ipogeo del Vaso di Dario” esposti al Museo Archeologico di Napoli, i gioielli della principessa Opaka della “Tomba degli Ori” presso il museo di Taranto e lo straordinario corredo della “Tomba Varrese”, da sempre diviso tra i musei di Bari e Taranto, ed oggi eccezionalmente riunito negli spazi espositivi di Palazzo Sinesi di Canosa.

Canosa

Analogamente a ciò che avvenne in altri centri della Daunia (Arpi, Canne, Egnazia, Forentum e Herdonia), Canosa tra la fine del IV e il III sec. a.C. subì un processo di urbanizzazione conseguente ai contatti con Roma. Ai piedi dell’Acropoli si sviluppò un abitato, del quale però si conoscono solo gli edifici di età imperiale.

La necropoli fu posta ai limiti dell’area urbana, spiccano i tre ipogei Lagrasta, risalenti a questo periodo e frequentati presumibilmente fino al I sec. come testimonia un iscrizione rinvenuta nell’ipogeo I.


Dromos dell’ipogeo Lagrasta I

Dromos dell’ipogeo Lagrasta I

Gli ipogei urbani della città di Foggia

Nel Quadernus excadenciarum, uno dei pochi documenti superstiti dell’intera cancelleria sveva, redatto non prima del 1248-1249, si fa riferimento ad una non meglio specificata domum unam cripta, cioè ad una casa con cripta.

Nel catasto onciario di Foggia dell’Archivio di Stato di Napoli, nelle descrizioni degli ambienti dei palazzi del XVI e XVII secolo, appartenuti a famiglie aristocratiche di Foggia, si fa spesso riferimento alla presenza di grotte, di cui, a quanto ci risulta, non viene specificata la funzione. Un elemento singolare, allo stato attuale di difficile definizione, è la presenza di cavità ipogee in gran parte dei palazzi storici di Foggia, appartenuti a famiglie aristocratiche e generalmente databili fra il XVI e il XVIII secolo; si pensi, ad esempio, a Palazzo de Nisi di corso Vittorio Emanuele o Palazzo Tortorelli di via Le Maestre, o Palazzo Antonellis, ora Palazzo Barone, situato in piazza Mercato.
Fra gli ipogei inediti sinora rilevati, degni di nota appaiono, ai fini della ricostruzione storica e della valorizzazione, in particolare: quello individuato in Via Fuiani al di sotto dell’ex laboratorio di Archeologia, già sede dell’ospedale; l’ipogeo posto in Via Arpi, al di sotto del Museo del Territorio; l’evidenza posta nell’area antistante la cattedrale di Foggia, infine, quello, inesplorato, che si sviluppa al di sotto della chiesa dei Morti.

Ipogeo di Palazzo De Nisi.

Ipogeo di Palazzo De Nisi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Arpi

Passiamo ora ad alcuni centri della Daunia che nel IV e III sec. vissero un periodo di prosperità. Maggiori informazioni provengono da Arpi e Canosa con l’acquisizione e la diffusione di modelli greco-macedoni. Della prima città ricordiamo la grande casa a peristilio con due vani pavimentati con un mosaico a ciottoli di derivazione tardo classica, risalente al IV sec. a.C.; l’influenza ellenistica è testimoniata anche dall’ipogeo della Medusa: una tomba a camera, con tre stanze, preceduta da un lungo dromos e un portico tetrastilo.

Ipogeo della Medusa
Ipogeo della Medusa

L’appoggio fornito a Roma permise alle due città di prosperare e ciò è reso evidente dalla ricchezza degli ipogei funerari dipinti.

Arpi, interno dell'Ipogeo della Medusa, III-II secolo d.C.

Arpi, interno dell’Ipogeo della Medusa, III-II secolo d.C.

Lo straordinario sito archeologico di Arpi, a 8 km da Foggia, va alla malora (leggi l’articolo dell’archeologo Manlio Lilli), senza che la cosa scateni il putiferio che dovrebbe scatenare.

Anche per questo un monumento da valorizzare attraverso una adeguata fruibilità. Senza alcun dubbio. Considerando anche la sua posizione quasi privilegiata. Visibile dagli automobilisti che percorrono l’A14 a nord di Foggia, a metà strada con San Severo.

Il lungo abbandono non ha favorito soltanto atti di vandalismo sul moderno. A farne le spese anche la struttura antica. Le colonne del vestibolo sono state abbattute. Mentre una base è stata addirittura rubata. Senza contare che gli affreschi, dei mosaici a ciottoli, restaurati per un costo di 588 milioni di lire, risultano gravemente compromessi. L’area è diventata una “terra di nessuno” sulla quale l’illegalità spadroneggia. Così negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli scavi clandestini dei tombaroli che continuano a garantire profitti “sicuri”.

Ora, l’abbandono, come detto, come visibile e come denunciano senza avere alcuna risposta, anche alcune associazioni locali, è totale ed è vergognosa ( vedi anche l’articolo la tomba della medusa sedotta e addandonata).

Salento

Anche nell’area occupata dai Messapi si verificarono dei fenomeni simili, qui però la maggior parte dei centri andarono in crisi nel III e furono abbandonati dopo l’epoca di Annibale. Tra le città più importanti citiamo: Manduria, Mesagne, Vaste e Ugento. Anche a Lecce come in altri luoghi dell’Italia meridionale è testimoniata la diffusione delle tombe gentilizie ipogee come l’ipogeo Palmieri con le pareti decorate con un fregio scolpito con scene di battaglia di chiara ispirazione tardo-classica.

Ipogeo Palmieri
Ipogeo Palmieri

Taranto: gli ipogei

Necropoli greco-romane

La tomba degli atleti

Lo studio delle necropoli scoperte nella città ha fornito agli archeologi una grande quantità di informazioni sulla società, sulla cultura, sull’arte e sul lavoro degli antichi popoli del periodo greco-romano. I resti ritrovati, testimoniano la presenza di veri e propri rituali funerari: le sepolture avvenivano per inumazione, cioè seppellendo i defunti in posizione fetale, ma anche mediante cremazione, cioè bruciando i corpi dei defunti e conservandone le ceneri in un’urna. All’interno delle tombe veniva deposto il corredo funerario, solitamente legato alla vita quotidiana dell’individuo, pertanto le stesse venivano corredate con utensili, vivande e gioielli, nel tentativo di imitare la casa del defunto.

Nelle necropoli di Taranto si possono riscontrare differenti tipi di tombe:

  • le “tombe a camera” e le “tombe a semicamera”, adottate dalle famiglie aristocratiche, collocate all’incrocio di due vie per essere facilmente individuabili;
  • le “tombe a fossa”, adottate dalle famiglie plebee, scavate nella roccia e chiuse da un masso.

Le 160 sepolture sono dislocate in sette siti archeologici: la necropoli di via Marche, le tombe a camera di via Umbria, di via Sardegna e di via Pio XII, la tomba a semicamera di via Alto Adige, l’ipogeo Genoviva di via Polibio e la “tomba degli atleti” di via Francesco Crispi.

Ipogeo Bellacicco


La Sala Etra nel Museo Spartano di Taranto (Ipogeo Bellacicco)


La Sala Persefone nel Museo Spartano di Taranto (Ipogeo Bellacicco)

L’ipogeo Bellacicco di Palazzo de Beaumont Bonelli, sito nel Borgo Antico di Taranto in corso Vittorio Emanuele al civico 39, è una struttura che narra la storia di Taranto sin dall’epoca geologica risalente a circa 65 milioni di anni fa, con successive tracce magno-greche, bizantine, medioevali e del XVIII secolo. La peculiarità che rende questa struttura unica in tutto il panorama storico-artistico tarantino è che in essa sono documentate tutte le epoche e i periodi storici a partire dalla fondazione di Taranto ad opera degli spartani fino al XVII secolo, data di costruzione del Palazzo nobiliare de Beaumont Bonelli.

L’ipogeo, di gestione e appartenenza privata essendo della famiglia Bellacicco, è una delle poche architetture storiche interamente restaurate e fruibili del borgo antico. Si sviluppa su tre livelli per complessivi 700 m² e per 14 metri sotto il livello stradale. Al suo interno si trova il banco di roccia calcarea, sulla quale si possono ammirare i resti fossili dei mitili tipici di Taranto. Le mura perimetrali sono di origine bizantina, mentre è molto probabile che il muro che divide la struttura dal mare possa avere origini magno-greche. L’ipogeo presenta uno sbocco esclusivo al livello del mare, che permette l’accesso diretto alla battigia del lungomare del Borgo Antico. Su questa struttura è stato eretto in epoca successiva il Palazzo de Beaumont Bonelli, residenza della Marchesa De Beaumont e del Principe Bonelli suo marito.

L’ipogeo, è stato riconosciuto “Sito Storico” dal Ministero dei Beni Culturali ed è visitabile su prenotazione mediante il servizio di visite guidate alla Taranto Sotterranea dell’Associazione Culturale Filonide. L’ipogeo è inoltre oggetto di numerose tesi di laurea in architettura e beni culturali e rappresenta la terza struttura storica più visitata di Taranto dopo il MarTa e il Castello Aragonese. Ad oggi rappresenta l’unico ambiente sotterraneo del centro storico di Taranto ad essere stato recensito dalla Federazione Speleologica Pugliese ed è ufficialmente inserito nel catasto regionale delle cavità artificiali della Regione Puglia con numero PU_CA 668. Per la sua unicità architettonica l’ipogeo è stato scelto come location per il nuovo video musicale di Mondo Marcio e Mina intitolato “Un bacio (troppo poco)”.

Dal 2015 l’ipogeo Bellacicco ospita in maniera permanente il Museo Spartano di Taranto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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