Mille caruggi si intersecano nel centro storico di Genova per perdersi in un labirinto di luci ed ombre: muri scrostati dal tempo che, improvvisamente, lasciano intravvedere un’orma del passato, una traccia di quell’antica storia che ha fatto della nostra città una fulgida potenza, ricca di gloria ma anche di intrighi, di congiure, di misfatti sanguinari e di… mistero. Fantasmi del passato si aggirano tra le vecchie pietre, inquieti, stravaganti, patetici, satanici, giungendo a noi, così dicono, attraverso tre punti strategici ovvero la chiesa di San Siro, Salita degli Angeli e Parco Peralto, ricchi di energie mefistofeliche e, noi stessi, potremmo discendere nell’Ade (regno dei morti), passando per uno di questi.
La Chiesa di San Siro, Salita degli Angeli e il Peralto: il triangolo degli spettri
Il primo dei tre punti strategici individuati si trova nel quartiere della Maddalena, là dove la chiesa di S. Siro è stata testimone di eventi inquietanti. Del IV secolo, inizialmente dedicata ai 12 Apostoli, la basilica fu la prima cattedrale di Genova, primato ceduto poi a S. Lorenzo (IX sec.) perché più protetta dalle incursioni dal mare. Originariamente in stile romanico, nel 1580, fu in parte distrutta da un incendio e quindi ricostruita interamente dai Teatini (XVI-XVII sec.) con l’aggiunta del convento e del chiosco, demoliti dalla costruzione di Via Cairoli, della cupola (1619) e della facciata neoclassica (1821, Carlo Barabino). Il campanile (50m), eretto nel XII secolo, venne abbattuto nel 1904, in seguito a segni di cedimenti. L’interno a tre navate, su colonne binate, racchiude opere pittoriche di grande pregio (Fiasella, Piola, De Ferrari, ecc.) e, a caccia di antiche presenze sataniche, nel coro, troviamo un dipinto di Giambattista Carlone che, ricercato per omicidio, aveva trovato asilo nella chiesa. Questo quadro narra dell’evento miracoloso con cui il Santo liberò questi luoghi da un mostro annidato in una cavità e dalla quale emanava i suoi mefistofelici fetori. Altre memorie del prodigio sono una piccola lapide (1347), sulla piazzetta, che indica l’ubicazione del pozzo, chiuso nel 1575, e la barbara usanza di “lapidare” un incolpevole gallo, figura metaforica del Basilisco, nel giorno della ricorrenza del Santo, usanza perpetrata fino al secolo scorso.
Un’altra sinistra scritta ci ricorda l’uccisione di Opizzino d’Alzate (27 dicembre 1436), governatore in Genova per il duca di Milano. Mentre si apprestava ad incontrare il suo successore, Ermes Trivulzio, una ribellione, capeggiata da Francesco Spinola, si impadronì della porta di S. Tommaso, costringendo i due alla fuga verso il Castelletto. Opizzino, tramortito in Fossatello da una fitta sassaiola, cadde da cavallo nella piazza di S. Siro e qui fu fatto a brandelli dai rivoltosi.
Rimane solo nei racconti un altro fatto raccapricciante legato alla chiesa di San Siro: 569 A.D., i Longobardi conquistano Milano. Un gruppo di religiosi fugge a Genova e si rifugia in S. Siro, portando seco le reliquie di S. Ambrogio. Tra essi un chierico tonsurato, Valentino, che, nonostante un comportamento dissoluto tenuto nella nostra città, alla morte, viene sepolto nell’allora cattedrale. Una notte, agli occhi degli abitanti, richiamati da terribili strepitii, si presenta una scena terrificante: due spettri stanno trascinando, fuori dal sepolcro, il monaco resuscitatoche, urlante, si aggrappa disperatamente alla bara. Fuggiti tutti in massa, qualche coraggioso ritorna la mattina dopo e trova il cadavere del religioso malamente gettato in una tomba del vicino cimitero all’aperto.
Alla ricerca del secondo dei tre punti, spostiamoci sopra Dinegro dove le antiche Mura degli Angeli salivano a raggiungere l’omonima chiesa (1467) appartenuta ai Carmelitani fino al 1810,“oggi spianata e ridotta ad orto”. Le mura nuove (1626-1632) dalla zona ‘Caput Fari’ o della Chiappella, grande braccio roccioso (l’attuale piazza Dinegro) che dal Belvedere si protendeva fino alla punta della Lanterna formando una barriera naturale tra il centro e Sampierdarena, portavano fino alla Porta degli Angeli e proseguivano verso Granarolo lungo la collina di S. Benigno. Salita degli Angeli era un tempo la via principale che da S. Teodoro permetteva di raggiungere la cima e attraverso Salita Pietra (via Mura degli Angeli) spingersi nella Val Polcevera perché l’altro percorso era un pericoloso e tortuoso sentiero, scavato nella roccia, che iniziava a lato dell’abazia di S. Bartolomeo del Fossato. In alto, presso la porta, nel 1910, un’unica casa, quella dei becchini e, poco più sotto, il cimitero della Castagna, primo luogo di sepoltura degli appestati, già nel 1657, fuori delle mura della città. Questa è la meta per l’inconsistente processione di monachelle che, di notte potrebbe comparire lungo la Salita degli Angeli. Che sia questo il punto “astrale” o è più verosimile che l’aura di negatività si sprigioni dalla primitiva chiesa, triste tappa finale di benedizione dei cadaveri?
Chiude il triangolo il terzo vertice, quello più pericoloso perché, dicono, accesso per la discesa nel mondo dei trapassati. E’ stato individuato nel parco del Peralto. Qui aleggia l’ermetica profezia di S. Brigida che, presso le mura delle Chiappe (1346), pare abbia vaticinato: “un giorno il viandante che passerà dall’alto dei colli che cingono Genova, accennando con la mano ai lontani cumuli di detriti, dirà, laggiù era Genova”. Altre presenze oscure pervadono l’aria, scendendo dal forte Sperone che domina dall’alto, sinistra roccaforte nata sotto una cattiva stella perché, già l’anno dopo la costruzione, un voltone dei magazzini franò rovinosamente senza causare vittime. Sono i suoi trascorsi di prigione, di torture, di morte a renderlo lugubre e quel suo indesiderato ospite che, evocato da una seduta medianica, confessò di aver trucidato una povera pastorella, cadavere che fu, puntualmente, scoperto nel luogo indicato dallo spettro. Qui finisce il nostro viaggio “terreno”, quello eterno è solo per coraggiosi ma… è consigliabile aspettare!
Sestri Ponente e Cornigliano: lo spettro di Satana
Via Sestri viene considerata, da sempre, la via XX Settembre del ponente, ideale per lo shopping, per i suoi negozi, le sue boutiques e i suoi eleganti caffè. Da qui si diparte un dedalo di vie che intricandosi tra loro si diramano dal centro storico per perdersi verso le alture o l’attigua delegazione di Cornigliano dove, lasciato il rumoreggiare spensierato delle “vasche”, si può andare alla ricerca di un edificio ubicato in via Siffredi (appena passato lo svincolo che scende dall’autostrada), conosciuto come la Ca’ Rutta (o Casa Rotta) che si dice essere stata costruita da un adepto di Satana. Forse per poca conoscenza edile o, come dice la credenza popolare, perché segnata dal maleficio, sta di fatto che la “demoniaca” dimora è andata incontro ad un susseguirsi di incidenti che non ne hanno mai permesso il completamento.
Rimanendo sempre a Sestri Ponente, prendendo però la direttiva dei monti, nei pressi di via Borzoli troviamo la presenza di altre anime in pena nella cosiddetta “casa dell’Angelo”. Qui, anticamente vi sarebbe stato ubicato un cimitero per bambini non battezzati, gli stessi che attraverso nenie, litanie e lamentazioni vogliono perpetrare il ricordo della loro triste sorte.
Lungo la “contra’ du Gazzo” (la via del monte Gazzo), si narra che nel 1920, due signore avessero rinvenuto un agnellino nero apparentemente senza padrone. Invece di cercarne il legittimo proprietario, pensarono di impossessarsene sognando l’una di comprarsi un paio di scarpe, l’altra della stoffa per un bel vestito. Lo presero in braccio ma, man mano che procedevano, l’inconsueto fardello diventava sempre più pesante finché furono costrette a deporlo per terra. Immediatamente il tenero ovino si trasformò in un irriverente diavolo che, mostrando l’immonda linguaccia, corse via beffeggiando le comari con le parole “..scarpe..lino“. Da allora più di un passante giura di aver sentito riecheggiare il lugubre ritornello anche se la via è assolutamente deserta. In località Bianchetta, dove l’autobus si ferma al capolinea, guardando verso le pendici del Gazzo, si dice, che si possano vedere brillare delle fiammelle che danzano nell’aria ascrivibili alla presenza di minuscole fate. Alle spalle del piazzale, appena passato il ponte, si intravvede un piccolo gruppo di case da cui, nottetempo, si udrebbero sferragliare di catene, pianti di bambini , rumore di vetri che cadono in frantumi. Sempre in questi luoghi, lungo la irta stradina che sale verso il monte Timone, nei pressi di una piccola cava, si aggirerebbe una figura spettrale provvista di protuberanze simili a corna e di ali “batmaniane” che, se sorpreso a spiare le effusioni di improvvide coppiette, svanisce emettendo un bagliore accecante.
A Cassinelle, solo per i coraggiosi, si può andare alla ricerca di un fantomatico tesoro sepolto sotto i ruderi di un’antica chiesetta diroccata. Chi ci ha provato, a tutt’oggi, pare abbia rimediato solo una sfilza di legnate e qualche occhio pesto, omaggio di spiriti “francescani” posti a guardia dei preziosi paramenti sacri.
Voltri e Crevari
Da piazzetta Santa Limbania, all’ estremo ponente di Voltri, saliva via alla Cannellona o delle Capanne, che dal XIII secolo, giungeva a Masone e proseguiva lungo la Valle Stura e di cui rimane una memoria storica in una vecchia targa affissa su di un lato dell’omonima chiesa che così recita “è vietato, sotto pena di contravvenzione, il transito dei carri ed il trasporto del legname a strascico per la strada comunale dei Giovi”. Lungo questa via, a circa un chilometro dal centro di Volti, esiste, ancor oggi, un sinistro edificio chiamato Cà de anime, “un vero archivio di storie di spettri e d’assassini” come la definisce Michelangelo Dolcino.
Era, anticamente, l’unica locanda esistente nella zona e, dunque, tappa d’obbligo per pellegrini e mercanti. Il suo proprietario, oltre a fare l’albergatore, aveva il cattivo “vizietto” di offrire un riposo, ahimè, quello “eterno” agli avventori più facoltosi. A capo di una banda di briganti, formata da congiunti e camerieri, faceva accomodare l’ospite prescelto in una stanza al primo piano, lontana da occhi ed orecchi indiscreti, e qui si compiva il misfatto. Nonostante le denunce di scomparsa alle autorità competenti, la lentezza delle comunicazioni e il brigantaggio che veniva perpetrato, comunemente, su molte strade, favorì l’impunità dei malfattori che vennero raggiunti dalla giustizia, pare, solo per la defezione di un componente della banda, desideroso di redimersi. Da allora tutti evitarono accuratamente di avvicinarsi al triste edificio finché, dopo la seconda guerra mondiale, spinta dalla necessità, vi prese alloggio una povera famiglia che fu, presto, messa a dura prova da eventi terrificanti: pentole che cadevano dalla credenza, oggetti che si spostavano “de motu proprio” ma, soprattutto, un’effimera apparizione biancovestita che chiedeva notizie del suo fidanzato e che, non trovando risposte confortanti, svaniva lasciando nell’aria un profumo di rose.
Anche Crevari ha la sua Cà de anime nella quale, nottetempo, si ode lo scorrere di un’acqua inesistente, il rumore sinistro di una ramazza invisibile che gratta il pavimento, le voci improvvise di una tv che si accende, inspiegabilmente, da sola e, anche in questo caso, la raccapricciante percezione di presenze sinistre. Sarebbero le anime, senza pace, di una madre e della figlia che, dopo aver caritatevolmente ospitato due viandanti, si videro ripagate di tanta generosità con la perdita della loro vita.
Infine, in luogo, come quello di Acquasanta, la cui aria è permeata da effluvi sulfurei viene quasi naturale l’accostamento tra questi e la presenza del signore del Male: al numero 273, dell’omonima via, in quella che la tradizione annovera come la famosa ‘Cà du Diau”, la stessa che ospita le terme, si aggirerebbe una figura spaventosa, alta 2 metri , avvolta in un abito all’apparenza talare ma basta una rapida occhiata ai piedi, che spuntano dalla lunga veste, per scorgere due inequivocabili zoccoli satanici. Che anche il Diavolo sia alla ricerca di un momento di relax?
Fonte: http://www.guidadigenova.it/curiosita-genova/fantasmi/