Con il termine hikikomori si tende a descrivere una particolare sindrome che colpisce giovani e giovanissimi. “Stare in disparte, isolarsi” è il significato della parola hikikomori, termine giapponese che deriva dal verbo hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi) (Moretti, 2010). Questo termine nasce per definire un fenomeno caratterizzato principalmente da ritiro sociale (social withdrawal) e una volontaria reclusione dal mondo esterno. Il disturbo, descritto e osservato primariamente in Oriente, ad oggi non è ancora una diagnosi ufficiale del DSM-5 anche se richiede l’intervento di uno psichiatra o altro specialista della salute mentale. In definitiva è usato in gergo per indicare coloro che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da pochi mesi fino a diversi anni), chiudendosi in casa, senza avere alcun contatto diretto con il mondo esterno, a volte nemmeno con i propri genitori.

Chi sono gli hikikomori?
La condizione degli hikikomori è caratterizzata da un rifiuto della vita sociale, scolastica o lavorativa per un periodo di tempo prolungato, di almeno 6 mesi, e da una mancanza di relazioni intime ad eccezione di quelle con i parenti stretti.
I giovani hikikomori possono manifestare il loro disagio in vari modi: stare in casa tutto il giorno, oppure uscire solo quando sono sicuri di non incontrare conoscenti, o addirittura vagare senza meta tutto il giorno facendo credere di essere andati a scuola.
Gli hikikomori mantengono le relazioni esterne al minimo e gli unici contatti che sviluppano sono attraverso l’uso di Internet.
Quando nasce il fenomeno degli hikikomori?
Dalla fine degli anni ’90 in Giappone è stata descritta una particolare condizione psicologica identificata da un tipo di ritiro sociale che colpisce principalmente adolescenti e giovani adulti ed è stata chiamata “Hikikomori”. Questo fenomeno è comunemente evidenziato nelle persone dall’età di 14 anni fino all’età di 30 anni.
Come riconoscere un hikikomori? I sintomi:
Le conseguenze dell’hikikomori possono avere un grave impatto sulla vita degli adolescenti che sperimentano l’esclusione sociale attraverso l’autoisolamento.
La riluttanza a uscire di casa può essere dovuta a diverse cause tra cui: disturbi del sonno, depressione clinica, fobia sociale o altri tipi di disturbi d’ansia. Anche la dipendenza dai social network è stata ampiamente associata alla sindrome, poiché i giovani hikikomori finiscono per usarli come unico mezzo di comunicazione.
Il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare giapponese ha pubblicato le linee guida sulla sindrome di hikikomori. Il documento delinea principalmente l’individuazione e i potenziali trattamenti per l’hikikomori, e sottolinea i criteri diagnostici per la sindrome da isolamento sociale identificata dal governo giapponese:
- Stile di vita incentrato sulla casa
- Incapacità o riluttanza a frequentare la scuola o il lavoro
- Sintomi che persistono per più di 6 mesi
Inoltre, l’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio di Pisa ha evidenziato delle caratteristiche che potrebbero essere utili per identificare gli hikikomori. Pur essendo un disturbo eterogeneo, risulta essere più diffuso nei soggetti che presentano alcune delle seguenti caratteristiche: avere un’età compresa tra i 14-30 anni, essere maschio (nel 90% dei casi), essere figlio unico di una famiglia di estrazione sociale medio-alta, nella quale solitamente è assente uno dei genitori, più comunemente il padre.
Le cause della sindrome di hikikomori
Siamo in una società in cui si tende a semplificare e si vuole attribuire il ritiro sociale alla pigrizia, alla malattia o ai videogiochi. Sono tutti pregiudizi molto gravi che producono interventi sbagliati e anche l’aggravamento del problema.
Le osservazioni fatte sulle famiglie dell’associazione hanno rilevato che si tratta invece di un fenomeno multifattoriale, che nasce da una combinazione di fattori individuali, familiari e sociali.
Secondo Hikikomori Italia, ci sono alcune cause importanti per lo sviluppo di questo fenomeno: bullisimo, sopraffazione, alte aspettative da parte degli adulti. La scuola è il primo luogo che può aiutarci ad identificare i primi campanelli di allarme, in quanto è il luogo in cui il giovane può essere maggiormente esposto di bullismo e pressione sociale.
Inoltre, il ragazzo può incontrare pressioni accademiche e sociali se appartiene a una famiglia con alte aspettative o attraversare una particolare esperienza traumatica, come una malattia o la perdita di una persona cara.
In generale la percezione che un/a giovane hikikomori ha è quella di non riuscire a rispondere a tutte le richieste della famiglia e del mondo esterno con l’impossibilità di gestire la pressione sociale e il confronto con il mondo esterno. Stare nella relazione con l’altro diventa troppo difficile, fino a sottrarsi allo stress della lotta e della competizione, chiudendosi in sé stesso/a e nella in solitudine.
COME FANTASMI (dati statistici)
Sono quelli che, secondo un gergo tecnico di derivazione nipponica, definiamo “i ragazzi fantasma”, almeno 100.000 casi nel nostro Paese, stando ai dati dell’Associazione Hikikomori Italia e con un’età media compresa tra i 15 e i 25 anni. I motivi che portano a una tale condizione sono molteplici, fra cui fattori personali come la mancanza di una figura paterna e la conseguente eccessiva protettività da parte della madre. Molto spesso le cause possono essere legate alla pressione della società, cui l’individuo viene sottoposto fin dall’adolescenza. Non a caso il numero degli hikikomori si aggirerebbe sulle 700 000 persone , con una età media che varia dai 13 ai 27 anni. Uno studio epidemiologico del 2012 stimava che l’1,2% delle persone della fascia di età compresa tra i 20 e 50 anni avesse vissuto almeno un periodo di ritiro sociale e di isolamento di sei mesi. Il fenomeno, già presente in Giappone dalla seconda metà degli anni ottanta, ha incominciato a diffondersi negli anni duemila anche negli Stati Uniti e in Europa. Le ultime stime parlano di 100 mila casi italiani di adolescenti che si rifugiano nei meandri dei social network e della rete, che rappresenta per loro l’unico contatto con la società che hanno abbandonato. Il numero sembrerebbe aumentare di anno in anno del 3% e il percorso terapeutico, che può durare da pochi mesi a diversi anni, consiste nel trattare la condizione di isolamento come un disturbo mentale della singola persona, da tenere sotto controllo con sedute psicoterapeutiche e con l’assunzione di particolari psicofarmaci. Il modo più semplice per agire e limitare la diffusione di tale fenomeno è quello di stabilire un contatto con i soggetti colpiti e cercare di migliorare le loro capacità di interagire col mondo. La vita sedentaria che conducono, l’uso sfrenato di apparecchi elettronici e la loro malnutrizione, porta gli Hikikomori a vari disturbi e patologie come la distimia, disturbi di personalità, misantropia, fobia sociale, Sindrome di Asperger e iperattività.
Secondo lo psichiatra Serge Tisseron, l’Hikikomori potrebbe essere un modo di gestire le emozioni, i conflitti, le preoccupazioni per il futuro, evitando di entrare in una patologia psichiatrica dichiarata. Particolari casi, di maggiore gravità, hanno portato anche alla morte della persona per fame o suicidio.
I giornali giapponesi riportano il caso di un trentenne affetto da questa patologia che, dopo aver giocato per tre giorni di fila senza nessuna pausa per mangiare e dormire, è morto dopo essere stato trasportato in ospedale. Gli hikikomori, però, non sono così soli come credono, infatti nell’ultimo decennio sono nate diverse associazioni che aiutano le loro famiglie in molti paesi del mondo fra cui Spagna, USA, Giappone, Corea del Nord e nel 2017 anche in Italia. Lo scopo delle associazioni non è quello di curare, ma di supportare e comprendere il problema senza giudicare, per aiutare il giovane a stare bene con se stesso.