Nel 1400 circa furono recuperate, con opere conservative, le mura castellane. Per quanto riguarda il governo, il maniero aveva un proprio statuto ed era governato da quattro capi “estratti dal bussolo ogni due mesi”. Era, comunque, un comune appodiato a Fabriano e comprendeva dieci villaggi, tra cui Camponecchio e Valtreara. Quando Napoleone formò il Regno d’Italia, nel 1809, Pierosara divenne parte integrante del comune di Genga ancorché si continuasse con la denominazione di appodio della Genga (non più di Fabriano) e la stessa Genga si trasformò in appodio di Sassoferrato. Tornata l’autorità pontificia e tornati i Conti al potere, Genga rinnovò la sua autonomia e fu accresciuta di altre frazioni.
Leggenda locale
Un giorno lontano, un signorotto, feudatario del Castello di Rotorscio, conobbe una bella fanciulla abitante a Rocca Petrosa. Affascinato dalla grazia della giovane, s’invaghì di lei e decise di rapirla. Questa era innamorata e promessa sposa ad un altro castellano, suo coetaneo, di nome Piero. Una notte, il feudatario s’introdusse all’interno della Rocca e riuscì a rapire la ragazza di nome Sara. Gli abitanti del luogo chiusero le porte di accesso alla Rocca e iniziarono una violenta colluttazione con i cavalieri seguaci del conte di Revellone, feudatario di Rotorscio. Durante la rissa, il conte, vistosi alla resa, uccise la bella Sara che teneva fra le braccia. Sopraggiunto Piero piombò addosso all’uccisore, il quale, brandendo una scure, colpì anche lo sfortunato giovane che cadde riverso vicino alla sua giovane amata e con un ultimo abbraccio le spirò accanto. A ricordo dell’infausta contesa e del triste sopruso, il Castello Petroso, da quel giorno, assunse il nome di Pierosara.
Fonte: www.frasassi.com