Zemanlandia, la giostra perfetta di Foggia
“Anche per i giocatori è più soddisfacente costruire piuttosto che distruggere. Per distruggere devi usare le maniere forti: e io sono un uomo di pace”. Solo con questa frase, semplicemente geniale, si potrebbe raccontare l’intera carriera di Zdenek Zeman. L’integralista del pallone, il fondamentalista del calcio divertito e divertente. Quattrotrètrè, difesa a zona, pressing e gol in quantità, questi i suoi dogmi. Quella sigaretta eternamente appesa al labbro, quegli occhi sempre socchiusi e quelle sue risposte lente e spiazzanti ne fanno un uomo da romanzo. La sua isola felice è Foggia. Nel 1989 i rossoneri vengono promossi in serie B e Pasquale Casillo decide di affidare la panchina al boemo. La richiesta è una sola: fare divertire la città. L’acquisto più importante di quell’anno è un ragazzo biondino che arriva da Piacenza: Beppe Signori. La stagione prima ha fatto solo 5 gol, ma il tecnico boemo il primo giorno di ritiro lo guarda e gli dice: “Benvenuto bomber”. Il tempo dimostrerà che aveva ragione. La squadra è piena di giocatori giovani che arrivano dalle serie minori, ma questo è il diktat di Zeman. Il boemo è un maestro, uno che insegna calcio, e i suoi metodi di insegnamento sono duri. La preparazione fisica è estenuante. “Lunghe passeggiate nei boschi” che in realtà sono nove km di corsa più uno, “quello del cuore”, sempre per dirla alla Zeman. I gradoni dello Zaccheria, dopo il primo mese di allenamenti, sono consumati. Ogni martedì i ragazzi sono costretti a farli avanti e dietro con sacchi di sabbia sulle spalle, una vera tortura. “La sera facevo fatica a salire le scale – ricorda Signori – ma quando la squadra ingranò…” E in effetti il Foggia prende la marcia giusta. Il primo anno arriva ottavo, la città è estasiata dalle prestazioni della squadra. I ragazzi si divertono a giocare insieme e si fidano cecamente del loro maestro. Il tempo è maturo per la nascita del miracolo. L’anno dopo, il trio delle meraviglie: Signori, Rambaudi, Baiano regala primo posto e storica promozione in Serie A al Foggia. Un’intera città è ai piedi del boemo. Il parco giochi Zemanlandia ha conquistato tutti. Che si vinca o che si perda i tifosi tornano a casa col sorriso sulle labbra, divertiti. Contro ogni previsione i Satanelli si salvano per tre anni consecutivi, togliendosi notevoli soddisfazioni e lanciando nel gotha del calcio giocatori del calibro di Signori, Shalimov, Kolivanov, Rambaudi e Di Biagio. Per il Foggia, e per Foggia sono anni indimenticabili. Un manipolo di ragazzini sconosciuti ai più fa tremare i colossi multimilionari del calcio italiano. Quel 4-3-3 tutto attacco e spregiudicatezza funziona a meraviglia, tanto da arrivare vicinissimi alla conquista di un posto Uefa, perso solo a causa della sconfitta contro il Napoli di Lippi all’ultima giornata. È il punto più alto di Zemanlandia, da lì la discesa. Casillo vende tutte le perle scoperte dal boemo. Zeman si accasa alla Lazio di Cragnotti, ma nella valigia che lo accompagna versa Roma porta con se quel grido dei 30mila dello Zaccheria: “Olè Olè Olè Olè Zeman Zeman”.
Una menzione particolare va al mitico ex portierone del Foggia dei miracoli di Zeman. Franco Mancini, che ci ha lasciati prematuramente il 30 marzo del 2012 all’età di 43 anni. Faceva l’allenatore dei portieri nel Pescara Calcio allenato dal boemo, che lo ha voluto con sè dopo la positiva esperienza nel Foggia in Lega Pro l’anno prima.
I tifosi foggiani ogni domenica regalavano un coro speciale al “numero uno” della squadra.
“Franco Mancini si dirige verso una delle due curve per occupare il suo posto tra i pali. Lo stadio adesso è in silenzio, un silenzio che sembra non finire mai. Il primo rullare di tamburi è il segnale che innesca il primo coro: «Alè Mancini alè alè… Alè Mancini alè… Alè Mancini alè, alè… Alè Mancini alè… tutti insieme…». In quel preciso istante, come se una bacchetta invisibile stesse dirigendo l’intero stadio, al coro della prima curva si aggiunge quello della tribuna, poi la gradinata e infine la seconda curva. Ora tutto lo stadio intona lo stesso motivo.
«…Alè Mancini alè, alè… Alè Mancini alè… Alè Mancini alè, alè… Alè Mancini alè». Franco si dirige verso la propria area di rigore con una corsa decisa ma non veloce, come a voler far durare il più a lungo possibile quel momento in cui lo stadio è tutto per lui. La mano destra in alto a salutare i tifosi della curva. Giunto all’altezza del dischetto del calcio di rigore si ferma, un paio di salti con le mani che toccano la punta delle scarpe e si volta verso il cerchio del centrocampo. La visuale adesso è completa, entrambe le mani sono in alto ad applaudire e ringraziare lo stadio intero. È felice e sorride. Continua a saltellare; i lunghi riccioli assecondano i movimenti del suo corpo. la partita, adesso, può davvero avere inizio”.
A lui, il 19 aprile 2012 è stata intitolata la curva nord dello stadio Pino Zaccheria di Foggia.
Un tifoso foggiano doc.
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